Nell'immaginario collettivo uno psicologo o psicoterapeuta dovrebbe essere sufficientemente competente e capace di risolvere da "solo" le proprie problematiche e conflitti interiori, essere sempre consapevole delle proprie criticità e risorse, e saper utilizzare queste ultime nel miglior modo possibile, vagliando le opzioni alternative opportune in ogni circostanza.
In realtà nessun manuale contempla tutto ciò, anzi!
Recentemente sempre più approcci terapeutici riconoscono lo psicologo come un "professionista non neutrale". Prima ancora di essere psicoterapeuta il professionista è una persona, con un suo bagaglio, una sua storia, dei desideri ed ambizioni, dei bisogni, una vita reale, lutti, fallimenti, traguardi raggiunti, soddisfazioni e gratificazioni, un suo carattere e personalità e tutto ciò che riguarda l'essere umano. Di fronte alle differenti circostanze della vita i suoi pensieri ed emozioni lo hanno portato a muoversi e comportarsi in determinati modi, a volte consapevolmente ed altre volte no.
È auspicabile, dunque, che chiunque lavori quotidianamente a contatto con la sofferenza altrui, con l'essere umano, con le relazioni, ed in modo particolare psicologi e psicoterapeuti, siano più consapevoli possibile delle proprie debolezze, aree critiche, punti di forza e risorse al fine di poter essere effettivamente utili ed efficaci nella relazione d'aiuto. In tal senso differenti scuole di specializzazione in Psicoterapia prevedono, all'interno del percorso formativo, che venga "seguita" una psicoterapia personale per ottenere l'abilitazione alla professione.
Il lavoro psicoterapico, infatti, "smuove" importanti pensieri ed emozioni non solo nel paziente, sul quale è incentrato il percorso psicologico, ma anche nel terapeuta. Le situazioni riportate, le circostanze con i relativi vissuti, pensieri e convinzioni riferite dal proprio interlocutore possono avere ricadute notevoli sia a livello emotivo che cognitivo e comportamentale nel professionista. Se ciò avviene in modo inconsapevole il rischio per lui è quello di colludere con la sofferenza presentata, passando da una comunicazione empatica ad una identificazione globale col paziente stesso, ad esempio con la sua tristezza, depressione, rabbia, ansia o preoccupazione.
Lo psicoterapeuta può, dunque, sentirsi particolarmente coinvolto emotivamente con i contenuti ed i modi presentati dal proprio paziente e rischiare di intervenire impulsivamente, in modo iperprotettivo, eccessivamente critico o ribelle.
La psicoterapia personale, un aiuto per lo psicologo e psicoterapeuta
Una psicoterapia personale rappresenta il luogo in cui lo psicologo può prendere coscienza di tali situazioni, analizzarne l'origine nella sua storia personale, in quale suo periodo evolutivo tali contenuti hanno fatto eco, a quali personali convinzioni e pensieri si sono agganciati per poterli risolvere e, di conseguenza, mantenere un confine pulito e nitido tra le sofferenze o traumi del paziente ed i suoi.
Si tratta, quindi, di un atteggiamento professionalmente corretto e molto etico nei confronti dei propri pazienti, realisticamente protettivo rispetto a possibili, ed inconsapevoli, ingerenze e confusioni tra le storie personali di due persone che, in una relazione intima ed empatica, si incontrano in un campo spesso caratterizzato da disagio, dolore, confusione, crisi o sofferenza, e quindi maggior vulnerabilità reciproca.