Non sempre è così facile descrivere se ciò che proviamo è paura, ansia, angoscia o terrore. Effettivamente sono emozioni simili, di cui percepiamo eventualmente una gradazione differente di intensità . Tutte ci segnalano la percezione di un pericolo e dispongono il nostro organismo a una risposta di allarme: ciò che varia è l'intensità del pericolo percepito e di conseguenza l'intensità della nostra reazione.
La paura è un'emozione che condividiamo con la specie animale e ha una funzione adattativa: tanto per l'uomo quanto per la gazzella si attiva di fronte alla minaccia di un pericolo, inviando al cervello il segnale di accelerare il battito cardiaco e il ritmo respiratorio così da pompare più sangue ed ossigeno nei muscoli, ora più tesi e pronti a scattare per la fuga o l'attacco. E' così che ci "salviamo la pelle"e ci garantiamo la sopravvivenza.
L'ansia invece è un'emozione tipicamente umana che, pur condividendo i medesimi scopi e gli stessi meccanismi di attivazione della paura, normalmente risulta meno intensa ma più prolungata nel tempo. Cessato il pericolo cessa la paura. Gli stimoli ansiogeni invece non sempre sono così facilmente identificabili e non hanno un inizio e una fine così precisi. Se quando abbiamo paura siamo in grado quasi sempre di identificare l'oggetto della nostra paura, quando ci sentiamo agitati e ansiosi non è detto che sappiamo spiegarci il perché. Di fronte ad un esame da sostenere lo studente può sentirsi in ansia per settimane intere; se attendiamo il risultato di un accertamento medico fino a quando non ci verrà comunicato saremo tesi e angosciati, immaginandoci le conseguenze negative di quell'accertamento; in altri casi potremo sentirci irrequieti e ansiosi senza capire bene cosa ci attiva.
Perché molto probabilmente solo il genere umano è in grado di sperimentare ansia?
L'ipotesi più accreditata al momento è che il possedere la dimensione del tempo, cosa tipicamente umana, ci esponga all'emozione dell'ansia (Sassaroli, Lorenzini 2006), perché solo noi siamo in grado di immaginarci le conseguenze di un pericolo, sia nel futuro a lungo termine, sia di ricordarci quali conseguenze un pericolo ha avuto per noi nel passato. Poterci rappresentare nel passato, presente e futuro: è questo che ci consente di provare ansia.
Da cosa ci accorgiamo che siamo in ansia?
I segnali corporei sono pressoché quelli della paura, ma meno accentuati: aumento del battito cardiaco, aumento della pressione, maggiore tensione muscolare, maggiore vigilanza. Possono aggiungersi però ulteriori elementi più duraturi: insonnia, difficoltà di addormentamento o risvegli precoci, inappetenza, rimuginio, sentimenti di inefficacia, ecc.
L'ansia, oltre a coinvolgerci in termini somatici e cognitivi, inevitabilmente ha un impatto anche sulla nostra dimensione interpersonale: una mamma particolarmente ansiosa può, anche inconsapevolmente, limitare i comportamenti di esplorazione del proprio figlio; un ragazzo può richiedere la presenza del proprio partner per frequentare certi luoghi e contesti; un manager ansioso può richiedere al suo gruppo di lavoro controlli e procedure esagerati, aumentando inutilmente il carico di lavoro; ecc.
Apprendere a gestire l'ansia, allora, può avere risvolti positivi non solo sul benessere soggettivo ma anche sulla dimensione relazionale e sociale.